La Voce de "La Lente"

RI - FORMIAMOCI !

Ecco a voi la nuova Lente!
“Una singola freccia si rompe facilmente, ma non dieci frecce tenute assieme”
In principio era:” Eravamo 4 amici al bar.” Nel presente: siamo sempre 4 amici al bar, ma non gli stessi di 10 anni fa ( o quasi ). Oggi La Lente Onlus ha un nuovo volto,
ma con gli stessi scopi.

 Lo statuto e il nome non sono cambiati, non perché non capaci di sbrigare fascicoli di documentazioni, ma per un motivo semplicissimo: eravamo La Lente e siamo La Lente. 

Ci focalizzeremo specialmente su alcuni punti: TRASPARENZA, CULTURA, SOCIETÀ, TRADIZIONE e CONFRONTO. 

E’ vero, siamo mancati per quasi 2 anni, abbiamo avuto un periodo di stallo ed indecisione. Eravamo giunti alla conclusione che chiudere i battenti era più semplice dell’impegnarsi. 

Poi una svolta: La gente continuava a chiedere di noi e donava il 5xmille ugualmente. 

Voi avete creduto in noi, voi che ci avete anche criticato, ci avete dato il coraggio di ri-prendere le redini delle Lente e di andare avanti.

Proprio quando si ritrova la determinazione si è più forti di prima. 

Ripartiamo con il Carnevale 2019 perché crediamo che possa unire le persone e renderci una grande famiglia. Riscoprendo la tradizione e la nostra cultura. Per noi, la cosa più importante è essere una squadra. Un gruppo affiatato e con nuove idee.

Un gruppo che riesca a trasmettere elevate frequenze di energia. Il confronto è , e dovrà essere, presente, altrettanto i litigi perché ognuno deve esprimere il proprio pensiero. Basta che alla fine si trovi un punto d’incontro e si realizzi qualcosa.
E a te che stai leggendo, se ti va di conoscerci e se vuoi essere socio, ti chiediamo solo SERIETÀ ed ENTUSIASMO !!!!!!!!!!!!

Daniel Rondinelli e Marianna Consiglio

Il Sant Martin

Sant Martin non è solo un buon augurio :”Ti auguro il meglio figlio ”! E’ un segno di buona salute, dopo un buon raccolto è un augurio misto ad una scongiura, per una buona riuscita negli affari e nella vita. La parola “Sant Martin ” fa pensare subito al Santo protettore dei militari e dei pellegrini nonchè Santo dell’abbondanza. Molto probabilmente è legato al nostro “Sant Martin”, l’ornamento principale e focale della gregna e della casa.Può avere  tre o cinque teste (ogni testa è formata da un mucchio di spighe),dipende dalla grandezza che si vuole dare. Nelle nostre zone, negli anni in cui il raccolto del grano era copioso, i contadini creavano, nelle ore di ristoro, questi elementi decorativi e una volta finiti si regalavano alla famiglia e amici per augurare loro il meglio. E’ una creazione fatta di spighe di grano ben selezionate, intrecciate e lavorate a mano per molte ore. Il grano più adatto è il Cappello e Carosella perchè le spighe sono molto lunghe. Dopo averle scelte, le spighe devono stare in ammollo per un paio d’ore , in modo che la spiga si ammorbidisca e si possa lavorare. E’ un lavoro di concetrazione e pazienza, molte spighe nonostante l’ammollo rischiano di spezzarsi, e l’intrecciatura dev’essere uguale per tutte le teste del Sant Martin. Una volta create le teste di uniscono e si legano con altre spighe e si lasciano al sole ad asciugare. Per renderla più maestosa si decorano con fiori e nastri. 

 

E’ un’opera d’arte tradizionale che, purtroppo, si sta perdendo ma non si perderà se persone come il mio nonno si renderanno disponibili nell’ insegnare a noi giovani questa spettacolare creazione.

Consiglio Marianna

U Grandinii

Il mais arrivò dal Messico in Europa poco dopo la scoperta delle Americhe e in Italia la coltura è già fiorente a metà del Cinquecento, diventando la base dell’alimentazione dei contadini padani. 

Anche al sud il granoturco o granone si diffuse, senza diventare l’alimento prevalente ma venendo a completare un’ alimentazione basata soprattutto su legumi, cereali, ortaggi, frutta, olio d’oliva e  per chi abitava vicino al mare pesce. 

A Calvera u grandinii si piantava nei campi tra aprile e maggio, oppure  si poteva mettere anche a lati dell’orto di fagioli e peperoni.  Si racconta che un maggio di molti anni fa ci fu una gelata che distrusse tutto tranne il granone  salvando così la gente dalla fame.

Più economico del grano veniva usato come alimento animale e umano;le pannocchie meno pregiate una volta tolte le fodere venivano date agli animali, le fodere erano usate per riempire u saccon, il materasso ( e possiamo immaginare il rumore che facevano quando ci si girava nel letto).

Esistevano  (e esistono) diversi tipi di granone, e la saggezza contadina aveva selezionato quelli che più si adattavano  ai vari usi per i quali questo cereale veniva impiegato.

La pannocchia si poteva bollire,i grani  venivano usati per fare i scattarol, la farina per fare la polenta oppure si potevano fare i pitticell ( alcuni dicono paniciedd)  di grandinii, pagnotte di farina infornate avvolte nelle foglie di cavolo (quelle esterne perchè più grandi) oppure la pitta di grandinii  che si cuoceva sul pavimento pulito del focolare coprendo la focaccia con un coperchio di ferro sul quale si metteva la brace. Una volta cotta per renderla più appettitosa si mangiava con i peperoni secchi fritti nell’olio. 

Questo è ciò che ci ha tramandato Beniamino Mazzilli nel suo libro “Cenni storici su Calvera” ma alcune persone mi hanno raccontato che in genere anche la pitta si cuoceva fra 2 foglie di cavolo mettendo sopra cenere e brace calda perchè pochi possedevano una lamina di ferro.

Tuttavia anche la  tradizione  della pitta si sta perdendo.

Melfi Mariarosaria